L’effetto dell’incontro tra il signor Bruce e la signora Sheridan è simile a quelle mattine in cui la luce è talmente limpida da illuminare con una certa potenza le zone oscure della notte ‘Il pullman per il St. James’ (John Cheever)
Ogni mattina il signor Bruce era solito accompagnare sua figlia Katherine alla fermata del pullman per l’istituto St. James. La fermata era un piccolo punto di ritrovo anche per i genitori. Durante quel primo semestre invernale si erano unite al piccolo gruppo le sorelline Sheridan, due bambine dell’età di Katherine accompagnate dalla loro madre e dal loro cagnolino.
Durante quei primi incontri mattutini il signor Bruce fu piacevolmente colpito dai modi gentili della signora Sheridan. La donna non era bella, tantomeno provocante ma, dai suoi atteggiamenti sempre composti e vitali l’uomo intravedeva una persona coraggiosa e sincera.
Il signor Bruce era vedovo, sua figlia Katherine era una bambina un po’ goffa e piuttosto miope. Da cinque anni lui si era risposato con un’altra donna. Anche la signora Sheridan era sposata, aveva avuto tre figli, ma il figlio maschio era annegato quell’estate. La famiglia si era trasferita dalla campagna a New York, soprattutto per la determinazione del marito: voleva che le figlie frequentassero il St. James, l’istituto che aveva frequentato da bambino.
Una sera di fine ottobre i genitori furono convocati per un incontro di presentazione con il rettore del St. James. Fu in quell’occasione che il signor Bruce notò la signora Sheridan seduta qualche fila più in là, insieme al marito. Ad un tratto vide la coppia discutere con una certa animazione. Poi la donna pose una domanda al rettore ( se avessero mai pensato di aprire le iscrizioni a bambini “negri”). E a quel punto il marito, visibilmente contrariato, lasciò la sala. Mal celando un certo fastidio, il rettore rispose che la questione era stata in passato, già presa in considerazione, e che comunque avevano ricevuto pochissime richieste. La signora Sheridan ringraziò per la risposta. E, in silenzio, si diresse verso l’uscita.
Qualche giorno dopo il signor Bruce incontrò la signora Sheridan durante la lezione di equitazione di sua figlia. Al termine della lezione l’uomo le chiese se poteva accompagnarle a casa e la donna accettò di buon grado. Durante il tragitto le ‘confessò’ di aver trovato molto interessante il suo intervento all’assemblea. Alla donna fece naturalmente piacere che qualcuno l’avesse notata e apprezzata, nonostante l’imbarazzo generale che aveva colto tra i partecipanti. E comunque la reazione del marito, anche quella imbarazzata, aveva aperto qualche incrinatura nel loro rapporto.
Il signor Bruce e la signora Sheridan si rividero dopo circa una settimana, ad una delle solite feste dei bambini. E anche in quell’occasione l’uomo si offrì di accompagnarla a casa. Ma quella volta decisero di tornare a piedi. Iniziava a far buio, quando ad un tratto si accesero i lampioni. L’atmosfera creata dalle luci e la foschia richiamavano nell’uomo alcuni piacevoli ricordi del passato, impreziositi dalla circostanza e dalla presenza della donna. Quella sera prima di salutarsi il signor Bruce la invitò a pranzo. Si incontrarono qualche giorno dopo in un ristorantino, un posto anonimo. Lui le chiese cosa pensasse del St. James, era interessato alla sua opinione. La donna, emozionata dal suo interesse, iniziò a parlare come un fiume in piena. Pranzarono insieme un altro paio di volte, fino a quando, mentre rientravano, si baciarono in un taxi.
Da allora iniziarono ad incontrarsi sempre più spesso, e l’uomo iniziò a sentirsi turbato. Per la prima volta iniziava a percepire una distanza emotiva non solo da sua moglie , ma da tutto ciò che fino a quel momento era stato il suo mondo. Realizzò che, da quando frequentava il St. James, la figlia si spegneva ogni giorno di più: troppe regole, troppi atteggiamenti compiacenti, troppe formalità e convenevoli.
“… mentre guardava la figlia che faceva obbedientemente ciò che ci si aspettava da lei, lo colpì il pensiero che lui e la compagnia di persone che gli si affollava attorno erano tutti fatti della stessa stoffa. Erano disorientati e confusi, troppo egoisti o troppo sfortunati per attenersi alle forme che garantiscono il perpetuarsi di una società, come avevano fatto i loro padri e le loro madri. Loro invece scaricavano il fardello dell’ordine sui figli riempiendo le loro giornate di falsi riti e cerimonie.”
Qualche giorno dopo il signor Bruce partì per lavoro e, al suo ritorno la moglie lo accolse con un drink , insieme a qualche chiacchiera di convenienza. In quel momento l’uomo ebbe la conferma del suo senso di solitudine, ormai non avevano più nulla da dirsi.
Ripresero, quindi, gli incontri con la signora Sheridan. Ma un pomeriggio, dopo alcune ore trascorse in albergo, raggiunsero insieme la scuola per riprendere le figlie, e lei si accorse che il marito l’aveva preceduta: aveva ripreso le ragazze e le aveva riportate in tutta fretta nella casa di campagna. “ Sembrava molto turbato” , le dissero le insegnanti. La donna capì. E sentì sgretolarsi la terra sotto i piedi. Il signor Bruce, a quel punto, la strinse tra le braccia e l’accompagnò fuori,: doveva stare tranquilla, sarebbe andato tutto bene.
Ogni giorno il signor Bruce osserva la donna alla fermata del pullman mentre conversa con gli altri genitori. Ha un modo di fare che lo incuriosisce. L’uomo ha la sensazione che quei modi gentili celino, in realtà, una personalità forte e sensibile allo stesso tempo.
L’effetto dell’incontro tra il signor Bruce e la signora Sheridan è simile a quelle mattine in cui la luce è talmente limpida da illuminare con una certa potenza le zone oscure della notte.
La sua vita era trascorsa senza grossi scossoni. Dopo essere rimasto vedovo con una bambina, si era risposato con una donna, i cui interessi prioritari erano lo shopping e le partite a carte con le amiche. L’uomo era sempre stato molto presente nella vita della figlia, che accudiva amorevolmente, anche per compensare il disinteresse della moglie.
La sera in cui il signor Bruce nota la signora Sheridan domandare al rettore sulla possibilità di aprire le iscrizioni ai bambini “negri”, si dice anche che avrebbe tolto sua figlia dalla scuola se fosse accaduto. Però, qualcosa lo scuote.
Da quel momento per il signor Bruce inizia ad emergere una nuova consapevolezza di sé e della sua vita, dell’ipocrisia del mondo in cui aveva vissuto fino a quel momento.
Inizia sempre più a notare la superficialità e l’egoismo nei comportamenti della moglie, la sua attenzione per gli aspetti più formali ed esteriori della vita in società.
A quel punto anche sua figlia gli appare sempre più spenta e sacrificata a quel mondo di regole false e inespressive che la scuola ed il mondo degli adulti le avevano costruito intorno.
L’incontro con la signora Sheridan getta una nuova luce sul suo mondo e le sue relazioni. Attraverso di lei il signor Bruce coglie prospettive e aperture di senso nuove e anche poco coerenti, in qualche modo distanti, dal suo quotidiano mondo di significati. Ma è proprio quell’incoerenza, quel senso di estraneità che gli rimanda, a consentirgli uno sguardo diverso su di sé e sul mondo che lo circonda. Uno sguardo che implica anche una maggiore apertura sulle sue possibilità di incontrare il mondo.
Nella vita gli incontri che facciamo o che potremmo fare sono molteplici. A volte pensiamo siano dovuti al caso, a volte alla fortuna, a volte al destino. Poco importa. Ma, se riflettiamo, notiamo che spesso, gli incontri non sono semplicemente l’esito di una coincidenza fortuita e imprevista.
Incontrare l’Altro spesso innesca la possibilità di cogliere noi stessi da prospettive e significati diversi da quelli cui il nostro quotidiano ci aveva abituato.
È anche per questo che gli incontri, naturalmente quelli significativi, spesso ci turbano e ci rimandano il senso di poterci destabilizzare. Proprio perché ci costringono, in qualche modo, a confrontarci con il nostro mondo, le nostre credenze, i nostri valori, ma anche con le parti di noi più inconsapevoli e meno coerenti con l’immagine di noi stessi che spesso facciamo fatica a riconoscere, accettare ed esprimere.
Quando pensiamo di avere un’immagine di noi coerente e lineare, che mantiene la nostra stabilità e da poter offrire agli altri, spesso è solo un’illusione. E a volte basta poco, un incontro ‘fortuito e imprevisto’ ad esempio, perché le nostre contraddizioni e le nostre fragilità esplodano: a quel punto cambiano le nostre idee e le nostre convinzioni sul mondo, ci innamoriamo, non tolleriamo più persone e situazioni che prima ci erano familiari, ci separiamo…
L’incontro con l’Altro è spesso temuto proprio in ragione di queste potenzialità di cambiamento che porta con sé.
Ma contestualmente è il mezzo più potente di cui disponiamo, per scardinare le nostre difese e le abitudini della quotidianità, mettere in crisi un’immagine che spesso ci ritroviamo a dover mantenere più per aspettative e ruoli sociali che perché ci rappresenti realmente, consentirci di esprimere parti di noi più intime e più vicine al nostro originario sentire.
Quindi l’apertura all’incontro, rappresenta sempre una grande opportunità, sta a noi prenderla o lasciarcela sfuggire.
Senza un confronto autentico con l’Altro siamo destinati a vivere nelle nostre identità quotidiane e, spesso, a soffrirne.
Quante volte un’esistenza fatta di routine, per quanto rassicurante impedisce di crescere?
Dr.ssa Paola Uriati